Disse Ulisse (o meglio, Dante)...

"Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza"

lunedì 15 agosto 2016

I quattro finali

Questo è un capitolo extra dell'ultima avventura della Banda Encomiabile. Si tratta di una serie di microscopici racconti ambientati subito dopo lo scioglimento del gruppo di ladri. Approfondiscono piccoli aspetti del passato e... del futuro.

Alberico


Cuordi non era un posto sicuro per Jefferson e Clarissa, dato che la sera prima erano stati rapiti dal governatore delle Isole Petridi Polidoro Orifiamma. I due aveano scelto di scappare velocemente oltre la giurisdizione del governatore, per mettersi al sicuro.
<< Clarissa… Mi dispiace averti messo in questa situazione… >> disse triste Jefferson, mentre si recavano velocemente verso il porto, carichi di bagagli.
<< Non ti preoccupare, Jeff. >> rispose lei << Cuordi è un’isola minuscola, dove c’è poco e nulla. Ho sempre sognato di andarmene, e ora mi hai dato l’occasione di farlo! >>
I due giunsero velocemente al porto, e cercarono subito la barca di Eridano Impreso, che li avrebbe traghettati verso Catalina.
Clarissa Luna
(disegno di Elisa Tadiello)
La trovarono in fretta. Impreso e Donato (il cugino di Clarissa) stavano parlando davanti la barca con un signore. Questo doveva avere attorno ai quarant’anni. Aveva dei folti capelli ricci e neri, come quelli di Clarissa, mentre il volto… ricordava quello di Jefferson.
La pittrice e il giornalista si avvicinarono alla barca: avevano avvisato Donato della loro intenzione di trasferirsi, e lui gli aveva messo a disposizione la sua casa a Catalina, e la nave di Impreso per traghettarli.
Il signore che stava parlando coi due marinai si girò verso Clarissa e Jefferson, e si presentò.
<< Oh! Voi dovreste essere Clarissa e Jefferson! Il capitano Impreso mi ha detto che vi stava aspettando per portarvi sulla terraferma. Io sono Alberico, stavo parlando col capitano per avere un passaggio in barca tra qualche giorno! >>
Detto questo Alberico si allontanò velocemente.
Jefferson e Clarissa salirono sulla barca, mentre Impreso… Continuò a fissare dubbioso Alberico andarsene.
“Come faceva a sapere i nomi di questi due ragazzi, se non li sapevo nemmeno io?” pensava.

Alberico si rifugiò in un vicolo isolato.
“Oggi è il giorno in cui la Banda Encomiabile si sciolse, volevo esserci assolutamente in un giorno così importante” pensava. Prese un anello dalla tasca e se lo mise al dito.
“E poi… Con questa scusa ho rivisto i nonni, dopo tanti anni. Erano così belli assieme, giovani…”
Alberico si mise una maschera bianca sul volto. Gli occhi e la bocca (le uniche parti non bianche della maschera) formavano un’espressione sorridente e inquietante. Alberico tocco l’anello, e scomparve in un bagliore accecante.

La gente dice: "Come Ector von Pest sia stato capace di costruire una fortuna da zero è un fatto diventato quasi leggenda"


“Come Ector von Pest sia stato capace di costruire una fortuna da zero è un fatto diventato quasi leggenda” dice la gente. Il fatto è che von Pest era riuscito sì dopo essere caduto in miseria a costruire dal nulla un patrimonio consistente, ma questo patrimonio non poteva assolutamente eguagliare quello che aveva in precedenza.
Ora il milionario viveva una vita molto più moderata, ed aveva anche una moglie e tre figli. Ma di tanto in tanto il pensiero tornava a quelle immense opere d’arte che aveva nella sua vecchia villa… Ora ne capiva il valore artistico e riusciva ad apprezzarle, prima le vedeva solo come una dimostrazione fisica della propria ricchezza. Ora però non le possedeva più, e non poteva più permettersi di commissionarne altre ad altri artisti. Questi pensieri lo rendevano triste di tanto in tanto.

Von Pest si era stabilito con la sua famiglia in una villa più modesta di quella che possedeva in precedenza. Un giorno di febbraio alla porta di quella villa si presentò un camion: il camion conteneva un’enorme quantità di cassoni in legno pieni di cosa non si sapeva, da consegnare al milionario. Sulle prime von Pest pensava a un errore, ma gli addetti scaricarono comunque le casse nel giardino della villa.
Quando von Pest aprì le casse… è difficile spiegare cosa provò. Dentro c’erano tutte le opere d’arte che la Banda Encomiabile gli aveva rubato anni addietro.
Dentro una cassa trovò anche una lettera, in cui la Banda Encomiabile gli spiegava come secondo loro lui fosse finalmente in grado di poter possedere tutte quelle meraviglie.
Ma avevano ragione? Ora che era tornato in possesso di ciò che era suo, sarebbe von Pest riuscito a non commettere gli stessi errori del passato?

Villa Giselle



<< Allora che ne dice della villa, signore? >>
Un agente immobiliare aveva appena mostrato una villa in vendita un ricco signore, che sembrava interessato a trasferircisi.
<< Sembra molto bella. Ha detto che si chiama villa Giselle, vero? >> chiese il signore
<< Sì, questo nome le fu dato dal precedente proprietario! >>
<< Oh, cosa mi sa dire di questo proprietario? >>
L’agente immobiliare rimase in silenzio per qualche secondo, come incerto su che cosa dire. Poi finalmente parò.
<< Il precedente proprietario era Nicolas Evac… >>
<< Oh, vuole dire Giovanni Ode, il famoso ladro internazionale, che per anni ha assunto l’identità di Evac, trasferendosi qui nello stato del Glebi! Davvero è vissuto in questa casa? >> disse il potenziale acquirente, con fare ironico: sembrava quasi sapesse di più dello stesso agente, riguardo la casa.
<< Sì, proprio lui. Quando Ode fu arrestato la villa divenne di proprietà statale, e lo stato la vendette alla mia agenzia. Ma piuttosto… Lei è interessato all’acquisto? >>
<< Direi proprio di sì! >>
<< Allora venga, la porto in agenzia per farle firmare il contratto d’acquisto… >>
Mentre se ne andavano, l’acquirente pensava…
“Quella villa è fatta per ospitare ladri in pensione, evidentemente… Prima Giovanni Ode, poi me, Davison Brigad, King della Banda Encomiabile!”

Una lettera da Giovanni Ode



I mesi passarono in fretta e a dicembre Jefferson Gotrocks era ancora a Catalina, a convivere con Clarissa Luna. Gotrocks ormai non era affatto intenzionato a tornare a New York, si era fatto dare il ruolo di corrispondente del New York Times dal Cousudor.
Un giorno nella casa in cui vivevano il giornalista e la pittrice arrivò un pacco.
<< È una spedizione internazionale, viene dal Glebi. >> disse il corriere.
Gotrocks aprì il pacco non appena il corriere se ne andò.
<< Dal Glebi? Chi conosco nel Glebi? Ci sono andato sono una volta per intervistare Giovanni Ode in prigione… >>
Il pacco era proprio da Giovanni Ode: conteneva un manoscritto di diverse centinaia di pagine e una lettera.
Caro Jefferson Gotrocks, sono gravemente malato e sento che non mi resta più molto da vivere. Tanti anni fa un mio amico mi disse che una volta diventato anziano avrei dovuto scrivere un libro che contenesse le memorie delle mie gesta, libro che poi avrei dovuto consegnare a un certo Jefferson Gotrocks. Ho passato gli ultimi anni della mia vita a redarre questo manoscritto, e ora in punto di morte lo invio a lei. Credo lo troverà interessante: molte cose che ho narrato qui sembrano incredibili, ma la prego di credermi, tutto quel che ho scritto qui è vero.
È libero di fare quel che vuole con questo manoscritto: può bruciarlo, come mandarlo in stampa e farci un libro. Nel caso, non pretendo nessun diritto e percentuale sui ricavati: tanto da qui a poco non mi serviranno più a nulla.”

- Giovanni Ode


Gotrocks rimase colpito da questa lettera. Chi era questo “amico” di Ode, e come mai gli aveva detto di dare il manoscritto proprio a lui…? Incuriosito, il giornalista cominciò a leggere il volume…



FINE

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Disse Anton Ego...

"Ma la triste realtà a cui ci dobbiamo rassegnare è che nel grande disegno delle cose, anche l'opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale."