Disse Ulisse (o meglio, Dante)...

"Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza"

lunedì 7 settembre 2020

Odisseo non inventò l'Inganno del Cavallo

Quale fu il più grande inganno di Odisseo? Il nome con cui si presentò a Polifemo? Il suo tentativo di non partire per la Guerra di Troia? O l'Inganno del Cavallo? Nessuno di questi: il più grande imbroglio di Odisseo fu far credere a tutta l'umanità per i tremila anni successivi di aver ideato l'Inganno del Cavallo. O meglio... è il più grande imbroglio di Omero.




La leggenda del Cavallo di Troia è molto radicata nell'immaginario comune, così tanto che fatica a diffondersi l'ipotesi di filologi e archeologi (ben più sensata) che in realtà fosse una nave e non un'immensa scultura in legno. Raccontata per la prima volta in un flashback dell'Odissea, è poi stata sviluppata da Virgilio nell'Eneide sette secoli dopo.

Il soldati achei assediano la città di Troia da ormai dieci anni: la guerra è di logoramento per entrambe le parti e procede senza che nessuna delle due riesca a trionfare in maniera decisiva. Il morale degli Achei è a pezzi, e più di uno vorrebbe tornare a casa; si sta pianificando la ritirata, quando Odisseo, uno dei comandanti della spedizione, famoso per l'astuzia e la capacità di parlar bene, ha un colpo di genio: i soldati non entreranno nella città sfondandone le impenetrabili mura, ma saranno portati dentro spontaneamente dai troiani: il segreto sarà non far capire loro che stanno facendo entrare il nemico.
Alcuni soldati achei vengono nascosti dentro un'enorme statua di un cavallo in legno, presentata ai troiani come un dono degli Achei in ritirata. Il cavallo viene portato dentro le mura, e durante la notte i soldati escono: aprono le porte ai propri compagni e insieme distruggono la città.

Permettetemi di citare le parole di Omero:

Omero, Odissea 

Libro VIII, vv. 485-522

Ma quando la voglia di vino e di cibo cacciarono,
parlò ancora a Demòdoco l'accorto Odisseo:
«Demòdoco, io t'onoro al di sopra di tutti i mortali.
Certo Apollo o la Musa, figlia di Zeus, t'istruirono,
perché troppo bene cantasti la sorte degli Achei,
quanto subirono e fecero, quanto penarono gli Achei,
come se fossi stato presente o te l'avesse narrato qualcuno.
Continua, dunque e lo stratagemma del cavallo raccontaci,
del cavallo di legno, che Epèo fabbricò con Atena,
l'insidia che sull'acropoli portò Odisseo luminoso,
riempita d'eroi, che distrussero Ilio.
Se questo pure saprai perfettamente narrarmi,
certo dirò fra gli uomini tutti,
che un nume benigno t'ha dato il canto divino».
Disse così; e quello, movendo dal dio, tesseva il suo canto,
da quando sopra le navi solidi banchi
saliti, tornavano indietro, dato fuoco alle tende,
gli Argivi; e intanto altri col glorioso Odisseo,
stavano nella piazza dei Teucri, nascosti dentro il cavallo.
I Teucri stessi gli avevano tirati fino alla rocca.
Così il cavallo era là, e i Teucri facevano un gran parlare confuso
seduti intorno: tre discordi pareri piacevano loro,
o trapassare il concavo legno con un bronzo spietato,
o su una vetta issarlo e infrangerlo contro le rocce,
o conservarlo, gran voto agli dèi, propiziatorio incantesimo.
E proprio così doveva finire, perché era destino
che i Teucri perissero, quando la città avesse accolto
il gran cavallo di legno,
dove sedevano tutti i più forti
degli Argivi, portando la morte, la Chera ai Troiani.
E poi cantava come abbatteron la rocca i figli dei Danai,
calati dal cavallo, la concava insidia lasciando;
cantava come qua e là l'ardua città saccheggiarono,
e come davanti alla casa di Deífobo giunse
Odisseo, ch'Ares pareva, con Menelao divino;
E là narrava che orrenda lotta ingaggiando,
aveva vinto ancora una volta, protetto da Atena magnanima.
Queste cose cantava il cantore glorioso: e Odisseo
si commosse e le lacrime bagnavan le guance sotto le ciglia.

Omero, Odissea, trad. Rosa Calzecchi Onesti


Un'idea semplice ma geniale, tanto da essere diventata proverbiale: Trojan Horse è il nome assegnato a una tipologia di virus informatici nascosti dentro un programma apparentemente innocuo. Lo stesso personaggio di Odisseo è entrato nella storia per questo gran inganno, oltre che per le sue disavventure in giro per il Mediterraneo. Ma il titolo del post parla chiaro: Odisseo non inventò l'inganno del Cavallo, e questa sua fama è solo l'ennesimo, e il più riuscito, dei suoi imbrogli.

Odisseo

Con questo non intendo ovviamente ribadire l'ovvio dicendo che la storicità del personaggio di Odisseo è dubbia. Intendo dire che la storia dell'Inganno del Trojan Horse è probabilmente in realtà la rielaborazione di un racconto antecedente, non appartenente alla cultura greca.

Thutmose III
La Guerra di Troia è probabilmente un avvenimento storico, da collocarsi in un indeterminato periodo di tempo intercorso tra il 1250 e il 1184 a.C.: gli archeologi sostengono sia da intendersi come una guerra tra la città di Wilusa (Ilio/Troia), vassalla degli Hittiti, e il popolo degli Ahhiyawa (Achei).

Nello scacchiere internazionale del mondo dell'età del bronzo però c'erano anche molti altri protagonisti, come le città della Cananea e il popolo egizio.

Sotto il regno del faraone Thutmose III, sovrano d'Egitto dal 1479 a.C. al 1425 a.C. (quindi circa duecento anni prima dell'ipotetica Guerra di Troia), la città di Ioppe (l'attuale Giaffa, ormai inglobata nell'agglomerato urbano di Tel Aviv) si ribellò all'egemonia egizia a cui era sottoposta. Il Papiro Harris 500 racconta di come il faraone mandò il generale Thuty a riconquistare la città, e come questi ottenne una clamorosa la vittoria.

Purtroppo il papiro è danneggiato e il testo pervenutoci è incompleto. Vi lascio a una traduzione parziale del testo.

Presa della città di Ioppe

Autore ignoto, estratto dal Papiro Harris 500


[Riassunto delle prime righe: Thuty invita il principe della città di Ioppe nel suo accampamento per una tregua e gli mostra una mazza fattagli arrivare dal faraone. Il principe di Ioppe vuole probabilmente impadronirsi della mazza perché pensa abbia poteri sovrannaturali, ma Thuty semplicemente la usa per tramortirlo e metterlo fuori gioco. Con il principe prigioniero, Thuty prepara subito uno stratagemma per far entrare i soldati egizi in città.]

Allora fece portare i duecento cesti che aveva fatto fare e vi fece scendere dentro duecento soldati. Si riempirono le loro braccia di corde e di pioli, e furono sigillati con un sigillo, dopo che erano stati dati loro i sandali, i loro bastoni e le armi (?).
Furono fatti portare da tutti i buoni soldati, cinquecento uomini, e fu detto loro: «Quando entrerete in città libererete i vostri compagni, e vi impadronirete di tutta la gente che è nella città e la metterete immediatamente in catene».
Si uscì per dire all'auriga (del carro) del principe di Ioppe: «Così dice il tuo signore: "Vai e di' alla tua signora1: Rallegrati! Sutekh2 ci ha dato Thuty con sua moglie e i suoi figli. Ecco, la mia faccia li ha fatti schiavi": Così le dirai riguardo questi duecento cesti pieni di uomini con corde e pioli». Egli andò davanti a loro per informare la sovrana dicendo: «Ci siamo impadroniti di Thuty».
Furono aperte le barriere della città davanti ai soldati, ed essi entrarono nella città; liberarono i lor compagni e s'impadronirono della città, dei giovani e dei vecchi, e li misero in catene e ai pioli immediatamente.
Così il braccio possente del faraone s'impadronì della città.

[...]

Edda Bresciani, Letteratura e poesia dell'antico Egitto


Duecento anni prima della guerra di Troia, Thuty fa entrare i soldati nella città nemica dentro delle ceste, presentandoli come un innocuo bottino di guerra: è lo stratagemma del Trojan Horse, ideato quindi da Thuty e non da Odisseo!

Odisseo inoltre è un personaggio dalla storicità dubbia, mentre invece sull'esistenza di Thuty non abbiamo dubbi: è realmente esistito, anche se il suo nome è più correttamente Djehuty: abbiamo ritrovato la sua tomba e parte del suo corredo funebre è esposto al Louvre.

Coppa d'oro di Djehuty, regalo dato dal Faraone al generale
per ringraziarlo dei suoi servigi, oggi custudita al Louvre

Le gesta di Djehuty ci sono pervenute da un papiro stilato circa duecento anni dopo i fatti narrati e circa trecento anni prima dell'Odissea.

L'espediente usato per la conquista della città di Ioppe è rimasto molto impresso nell'immaginario collettivo per millenni, tanto che, oltre ad aver ispirato l'Inganno del Cavallo, è riportato quasi identico anche all'interno della novella persiana Alì Babà e i Quaranta Ladroni (vedi estratto in Appendice). Purtroppo però il nome del suo ideatore è stato a lungo dimenticato, e tutt'ora non è noto al grande pubblico.

Aprile: L'assedio

Da Una per ogni mese in Novelle fatte a macchina, di Gianni Rodari
Il generale Tuthià disse al gran Faraone: — Maestà, quella città lì, con un assedio regolare non la prendiamo neanche a piangere. Ci vuole un trucco.
— E tu, ce l'hai?
— Ce l'ho, sì.
Il generale fece disporre di notte mille grosse giare intorno alla città assediata. Dentro ogni giara c'era un soldato armato di tutto punto. Poi l'esercito egiziano fece armi e bagagli, sgombrò il campo, batté in ritirata. Gli assediati corrono alle mura, non vedono più gli egiziani, vedono le giare e gridano: — Buone! Per il raccolto delle olive, è quello che ci vuole.
Ci vollero cento carri per portare le giare in città. Di notte, poi, i soldati egiziani ruppero le giare, saltarono fuori, aprirono le porte, appiccarono il fuoco; il Faraone tornò con tutte le sue truppe. Morale: vittoria completa. Gran festa, fuochi artificiali. Solo il generale Tuthià non si mostrava troppo contento.
— Ma come, — fece il Faraone, — ti ho dato la massima decorazione dell'impero, una pensione di prima categoria, mille cavalli, uno per ogni giara, cosa vuoi di più?
— Niente, Maestà. Ma penso che tra mille anni3, alla guerra di Troia, un generale greco farà con un solo cavallo quello che io ho fatto con mille giare. Purtroppo noi non conosciamo ancora il cavallo4. E così quello si prenderà tutta la gloria.
— Guardie, — gridò allora il Faraone, — acchiappate questo traditore e tagliategli la testa. Lui non voleva la città, voleva la gloria. Voleva un poeta per fargli la biografia. Passare alla storia non gli bastava: voleva passare anche alla poesia. A morte!

Gianni Rodari, Novelle fatte a macchina


Gianni Rodari ricorda la figura dello sfortunato Djehuty (il cui nome ora viene addirittura storpiato in Tuthià) in questa sua novella, e ironizza sul suo destino: ideatore del più grande  inganno della storia, è stato dimenticato e la sua idea è stata attribuita a un generale greco. A lui è rimasto solo una narrazione scritta con uno stile "noioso e monotono" (testuali parole di Edda Bresciani, traduttrice del Papiro Harris 500), al generale greco... Svariati poemi e l'eterna gloria. La cosa forse più triste è che per anni ho ritenuto questo racconto di Rodari totalmente frutto della sua fantasia.



Concludendo, l'Inganno del Cavallo è praticamente un meme. No, non intendo questo:





Intendo meme nella sua definizione originale:
meme s. m. Singolo elemento di una cultura o di un sistema di comportamento, replicabile e trasmissibile per imitazione da un individuo a un altro o da uno strumento di comunicazione ed espressione a un altro (giornale, libro, pellicola cinematografica, sito internet, ecc.).
Dizionario Treccani


È un elemento culturale tramandato, trasformato e integrato all'interno di altri ambiti (non per niente è un neologismo ricavato ricalcando la parola gene).

La rielaborazione di storie già note è ciò che la letteratura fa quindi da millenni, ben prima che si diffondesse il detto eccessivamente fatalista "Dopo Omero è stato raccontato tutto".
Lo stesso "Omero" prendeva idee antecedenti a lui e le rielaborava ottenendo qualcosa di nuovo, di inedito. Perfino Gianni Rodari, mantenendo la stessa identica trama e lo stesso protagonista, è riuscito ad ottenere una storia completamente diversa da quella raccontataci nel Papiro Harris 500.


Appendice.


Ali Baba e i quaranta ladroni sterminati da una schiava

Storia di origine persiana solitamente associata a Le mille e una notte

[Un gruppo di quaranta predoni ha scoperto che qualcuno è entrato nel loro rifugio e gli ha sottratto alcuni sacchi pieni d'oro. Dopo alcune indagini scoprono che l'autore del furto è Ali Baba, povero taglialegna da poco arricchitosi: in cerca di vendetta, il capo dei ladroni ha un'idea su come introdursi nella casa di Ali Baba...] 
Allora egli spiegò in qual modo avesse deciso di comportarsi, e siccome tutti gli dettero la loro approvazione, li incaricò di sparpagliarsi nei boschi e nei villaggi circostanti e anche nella città, di comprare dei muli, fino a diciannove, e trentotto grandi vasi di terra per trasportare olio, uno pieno e gli altri vuoti.
In due o tre giorni di tempo i ladri si procurarono tutta questa roba.
Siccome i vasi vuoti erano un poco stretti dalla parte della bocca, per la riuscita del piano il capo li fece allargare, e, dopo aver fatto entrare uno dei suoi in ciascun vaso, con le armi che aveva giudicato necessarie, lasciando aperto uno spiraglio per farli respirare liberamente, li chiuse in modo che apparivano pieni d'olio, e per meglio colorir la cosa li strofinò di fuori d'unto che prese dal vaso che n'era pieno.
Così dispose le cose, quando i muli furono carichi dei trentasette ladri, ciascuno nascosto in uno dei vasi, meno il capo, quest'ultimo come conduttore,prese la via della città all'ora che aveva risoluto e vi arrivò all'imbrunire, circa un'ora dopo il tramonto del sole, come s'era prefisso.
Egli entrò in città e tirò dritto verso la casa di Ali Baba col proposito di bussare alla sua porta e di chiedere di passare là la notte con i suoi muli, col permesso del padrone.
Non ebbe nemmeno la fatica di bussare, perché trovò Ali Baba sulla soglia, che stava prendendo il fresco dopo pranzo.
Fatti fermare i suoi muli, si rivolse ad Ali Baba e gli disse:
«Signore, io porto l'olio che vedete qui da molto lontano per venderlo domani al mercato, ma a quest'ora non so dove andare ad alloggiare. Se ciò non v'incomoda, fatemi la grazia di ricevermi in casa vostra per passarvi la notte, e be ne sarò immensamente riconoscente». 
[Il capo dei quaranta ladroni passa la sera con Ali Baba, e dopo cena, quando ormai Ali Baba è andato a dormire, esce per parlare con i suoi compagni] 
Il capo dei ladri intanto uscendo dalla scuderia andò ad ordinare alle sue genti quanto dovevano fare. Cominciando dal primo vaso fino all'ultimo, disse a ciascuno:
«Quando getterò delle piccole pietre dalla camera in cui sono alloggiato, non mancate di spaccare il vaso dall'alto fino al basso col coltello di cui siete muniti,e di uscirne, perché immediatamente sarò da voi».

Le mille e una notte,
Traduzione di Armando Dominicis basata sull'edizione francese di Antoine Galland


Note.


Nota 1: La moglie del principe di Ioppe

Nota 2: Divinità degli Hyksos assimilata al dio egizio della tempesta Seth

Nota 3: In realtà tra la presa di Ioppe e la guerra di Troia si pensa non siano corsi più di trecento anni.

Nota 4: Il testo è contraddittorio: Prima il Faraone dice di aver regalato mille cavalli a Tuthià, poi Tuthià sostiene che non conoscono ancora il cavallo...


Bibliografia.


  • Bresciani E., Letteratura e poesia dell'antico Egitto, Torino, Einaudi, 1990
  • Le mille e una notte, Traduzione di Armando Dominicis basata sull'edizione francese di Antoine Galland, Roma, Newton Comption editori, 2016
  • Omero, Odissea, trad. Rosa Calzecchi Onesti, Torino, Einaudi, 2014
  • Rodari G, Novelle fatte a macchina, Torino, Einaudi, 1973

Sitografia.





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Disse Anton Ego...

"Ma la triste realtà a cui ci dobbiamo rassegnare è che nel grande disegno delle cose, anche l'opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale."