Disse Ulisse (o meglio, Dante)...

"Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza"

sabato 17 settembre 2016

Fortuna audaces iuvat (racconto extra)

Questa settimana racconto extra. Si tratta di un tema che ho fatto per compito, per una volta distaccato dalla Banda Encomiabile (alla fin dei conti, quel ciclo è concluso).
Ho voluto provare un'ambientazione "fantasy". Spero sia un esperimento riuscito.





La fortuna aiuta gli audaci, dicevano i latini, e potrebbe essere il titolo di questa storia, forse contando l’accezione più spregiativa di “audax”. Ai tempi dei fatti narrati, da quando lo stregone era giunto in città erano passati dieci anni. Lo chiamavano tutti stregone, nonostante non possedesse davvero poteri magici: questo soprannome gli era stato dato dagli abitanti della città, impropriamente, perché era riuscito a sottomettere un drago, uno di quegli orribili mostri di cui parlano solo le leggende. Dieci anni prima la città era ricca e florida, popolata da migliaia di persone. Molte di queste avevano raggiunto un benessere tale che si erano sviluppate anche arti non prettamente funzionali alla mera sopravvivenza, e quindi trai migliaia molti erano filosofi, scienziati e pensatori. La città si governava da sola, ma, avendo un potente esercito, progettava di espandersi ai danni di altri centri vicini più piccoli. Fu in questo ambiente che dieci anni prima lo stregone arrivò, accompagnato da un drago che non si sapeva come avesse sottomesso. L’esistenza di bestie del genere era stata assolutamente rinnegata dai vari filosofi e scienziati, ma di fronte la realtà dei fatti dovettero ricredersi. Direttamente da antiche leggende era comparso questo mostro, che, comandato dallo stregone, sbaragliò l’esercito della città, di modo che lo stregone si mettesse a capo della stessa,
minacciando violente distruzioni se non fosse stato riconosciuto come legittimo signore.
Dopo dieci anni la città continuava ad essere florida e ricca, con a capo lo stregone, che restava molto mal visto, nonostante la gente si fosse abituata alla sua reggenza.
Ormai erano nati tanti bambini che non avevano mai conosciuto la città libera dallo stregone. Fu uno di questi, figlio di uno dei soldati che erano morti lottando contro il drago, che decise di cambiare le cose. La madre del bambino aveva sempre provato odio viscerale verso lo stregone, e non aveva mai nascosto il suo astio pubblicamente. Aveva parlato al figlio della crudeltà dello stregone e di come la città anni prima fosse un paradiso di libertà, e aveva trasmesso il suo odio al figlio. Quando il piccolo aveva ormai compiuto dieci anni, la madre sparì nel nulla. Fu probabilmente rapita sul conto dello stregone, che aveva iniziato a ritenere pericolose le esternazioni d’odio della donna verso la sua figura.
Il bambino non fu rapito: probabilmente fu ritenuto innocuo, visto la sua giovane età.
Nonostante fosse piccolo, il bambino non era sciocco: aveva intuito il ruolo dello stregone nella sparizione della madre, e iniziò a covare un obbiettivo folle: uccidere il drago.
Fu ospitato alcune settimane dalla zia, ma non ricevendo notizie dalla madre, il bambino decise di armarsi: prese un coltello dal servizio della zia, se lo nascose addosso, e uscì nottetempo.
La tana del drago si trovava in una strana costruzione semi-sotterranea poco fuori dalla città, fatta costruire su volere dello stesso stregone: ormai che la città era sottomessa, non serviva la sua presenza fissa all’interno della cinta muraria.
La via per la tana del drago non era presidiata, né si trovavano altri viandanti: era capace di proteggersi da solo, e la gente aveva troppa paura di stare su quella strada, temendo di incrociare la bestia. Solo il bambino era l’unico con il coraggio sufficiente (o la sufficiente mancanza di senno?) per andare dal drago. Il mostro era nella sua tana, e stava stuzzicando quello che sembrava da lontano un serpente. Stranamente lo tormentava ad occhi chiusi, senza guardarlo, capendo la sua posizione dai versi che faceva.
Il bambino fu un attimo attanagliato dalla paura, quando decise di correre verso il drago sguainando il coltello. Accecato dalla foga, non vide bene cosa stava accadendo né dove stesse colpendo il drago. Il coltello si spezzò sulla corazza di scaglie del mostro, e il bambino cadde a terra, in direzione del serpente, che quasi schiacciò facendogli emettere un grido molto acuto, strano per un rettile del genere. Repentinamente il drago fu sul ragazzino, ad occhi aperti, e ruggì su di lui, alitandogli contro. Le voci che parlavano di saliva acida del mostro erano vere: alcune gocce finirono sugli occhi del bambino e lo accecarono sul colpo. Il mostro si stava per apprestare a divorare il bambino, quando… Il serpente strisciò sul corpo del piccolo: sentiva il suo corpo viscido salirgli addosso. Il serpente emise un grido acuto, come aveva fatto prima. Sembrava quasi il canto di un gallo. Il bambino non riusciva bene a capire cosa stava succedendo, accecato com’era. Sentì un ruggito da parte del drago, un ruggito di terrore. Poi secondi interminabili di silenzio e di attesa da parte del piccolo, che aspettava da un momento all’altro la propria fine. Poi il serpente gridò nuovamente, e se ne andò. Il ragazzino non capiva. Si mosse lievemente e tastò la zampa del drago. Era freddissima e dura, come se fosse di pietra. Anzi, era pietra!
Lui non capì mai cos'era successo: il serpente era in realtà un basilisco, altra bestia presente solo nelle leggende e che gli studiosi ritenevano inesistente, proprio come i draghi. Evidentemente dovevano esistere anche i basilischi, esseri metà serpente e metà gallo, il cui sguardo pietrifica.
Il drago stava torturando il basilisco, facendo ben attenzione a non guardarlo negli occhi. Poi, distratto dall’attacco a sorpresa del ragazzino, doveva averlo inavvertitamente guardato, ed era stato pietrificato.
Con l’ausilio della fortuna era riuscito a uccidere il drago, con il prezzo di diventare semi-ceco: aveva raggiunto il suo obbiettivo. Con un po’ di impegno arrivò in città, e dalla città fu accompagnato a casa da dei suoi amici che incontrò fortunatamente. Chissà se sarebbe riuscito ugualmente se avesse avuto l’obiettivo diretto di spodestare lo stregone. Dopo la morte del drago infatti lo stregone rimase al potere. Ormai aveva l’appoggio dell’esercito cittadino, e la sua deposizione avrebbe potuto potuto portare alla confusione politica e all’anarchia. Alla fine lo stregone aveva dimostrato in quei dieci anni di saper amministrare la città, e il popolo preferì non avere la libertà, pur di mettere la città in questo rischio. Forse è proprio vero che la fortuna aiuta gli audaci.

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Disse Anton Ego...

"Ma la triste realtà a cui ci dobbiamo rassegnare è che nel grande disegno delle cose, anche l'opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale."