Disse Ulisse (o meglio, Dante)...

"Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza"

venerdì 28 febbraio 2020

DivulgaTorino - Il castello del Valentino

Castello del Valentino.






Castello del Valentino. Costruito nella sua forma attuale per volere di Maria Cristina di Borbone, consorte di Vittorio Amedeo I di Savoia. Dopo la morte di quest'ultima divenne prima palazzo di rappresentanza e poi fu abbandonato. A metà Ottocento fu restaurato e parzialmente ricostruito per essere adibito a museo temporaneo per macchinari agricoli. Successivamente divenne sede della facoltà di architettura del Politecnico di Torino. Mi immagino gli uffici dei professori o la semplice segreteria didattica più sfarzosi dell'ufficio di Trump alla Casa Bianca! E chissà come deve essere seguire le lezioni nelle sale di un castello seicentesco... L'ho visitato tempo fa con @silvyaluciani ma il brutto tempo non mi ha permesso di fare foto decenti. Oggi con @michelemogavero ci sono passato nuovamente davanti e ho rimediato #torino #torinocentro #torinoèlamiacittà #torinopics #torinocity #torino_city #valentino #parcodelvalentino #parcodelvalentinotorino #piemonte #torinoècasamia #castellodelvalentino #polito #politecnicoditorino #castello #residenzesabaude
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Costruito nella sua forma attuale per volere di Maria Cristina di Borbone (1606-1663), consorte di Vittorio Amedeo I di Savoia (1587-1637) e duchessa reggente dal 1637 al 1648. Dopo la morte di quest'ultima si perse interesse nella struttura come possibile residenza ducale. A metà Ottocento fu restaurato e parzialmente ricostruito per essere adibito a museo temporaneo per macchinari agricoli. Successivamente divenne sede della facoltà di architettura del Politecnico di Torino. Mi immagino gli uffici dei professori o la semplice segreteria didattica più sfarzosi dell'ufficio di Trump alla Casa Bianca! E chissà come deve essere seguire le lezioni nelle sale di un castello seicentesco...





Il castello esisteva già prima di Maria Cristina come villa sul Po, ma sotto il suo governo fu trasformato in reggia, affidando i lavori a Carlo e Amedeo di Castellamonte. Il loro progetto prevedeva un palazzo molto più ampio, ma dopo la morte di Maria Cristina si perse interesse per la residenza e questa fu presto abbandonata: del progetto originale sono stati realizzati solo il corpo centrale e, con la destinazione della struttura al Politecnico nella seconda metà del XIX secolo, parte delle estensioni laterali. La reggia non fu più usata come residenza dei sovrani, ma come sede di eventi pubblici e spettacoli. A inizio Ottocento divenne una caserma, per poi essere infine destinata appunto al Politecnico.
Qui sotto un'ipotetica immagine del Castello del Valentino concluso:


Il castello del Valentino come si presentava nel 1858, quando divenne sede della Sesta Esposizione Nazionale di prodotti dell'industria:


Per l'occasione furono demoliti i porticati paralleli che collegavano le torri anteriori, che furono sostituiti con due strutture più grandi, adatte a ospitare la mostra.

Qui il castello come si presenta effettivamente oggi all'interno del Parco del Valentino, dopo ulteriori modifiche alla struttura operate nella seconda metà dell'Ottocento:


Esternamente si nota principalmente la demolizione dell'emiciclo a ferro di cavallo,  sostituito con due porticati paralleli, e la costruzione nuove di aree laterali, ma molti altri cambiamenti furono operati all'interno nel corso dei lavori di conversione della struttura.

Quella rivolta verso Corso Marconi è la facciata più iconica, ma è anche la più recente: ai tempi in cui la reggia era una villa la facciata principale era invece quella rivolta verso il Po, questo perché non esisteva una strada che la collegasse alla città:


Il quartiere di San Salvario doveva ancora sorgere, e l'unico modo per collegare il castello a Torino era tramite il fiume.
Con l'ampliamento della struttura fu costruita anche una strada verso il centro abitato, chiamata Corso Valentino (oggi corso Marconi).

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Disse Anton Ego...

"Ma la triste realtà a cui ci dobbiamo rassegnare è che nel grande disegno delle cose, anche l'opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale."