Disse Ulisse (o meglio, Dante)...

"Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza"

lunedì 13 agosto 2018

Teatro: "Sotto a chi tocca", di L. Orengo e G. Govi - La Torretta, regia di L. Morena

Sanremo organizza ogni estate la rassegna teatrale in dialetto ligure "Nini Sappia" (arrivata ormai alla 21^ edizione): io ho avuto il piacere ieri sera 12 agosto di assistere in piazza San Siro alla rappresentazione di Sotto a chi tocca di Luigi Orengo/Gilberto Govi, inscenato dalla compagnia La Torretta di Savona con la regia di Lorenzo Morena.



In breve, la trama:
I tre cugini Pittaluga si ritrovano nella possibilità di ereditare 10'000'000 di dollari, che andranno solo a chi di loro per primo si sposerà e avrà un figlio maschio, così da portare avanti il cognome. Bartumé Pittaluga (Lorenzo Morena), anziano attanagliato dalla sfortuna e con una scarsa vista, è sposato ma sua moglie l'ha abbandonato dopo sei mesi di matrimonio, Manuelu Pittaluga (Mauro Roffinella) è scapolo ma troppo in là con gli anni e Gaetanin (Marco Ventura), l'unico che potrebbe avere l'età per mettere su famiglia, è intenzionato a farsi prete. L'eredità fa gola a molte persone che faranno di tutto per combinare un matrimonio, primi fra tutti l'avido signor Leccornia (Davide Villani) con la sua remissiva e casta figlia Amelia (Alessandra Crescini), intenzionata a farsi monaca, e Maddalena Pittaluga (Graziella Mottola), l'unica cugina femmina e per questo tagliata fuori dall'eredità.

I personaggi sono interpretati da bravissimi attori che li rendono perfettamente accesi, caratterizzati e vivi. Mi complimento prima di tutto con Davide Villani nel ruolo di Leccornia per la sua bellissima voce così limpida e una gestualità così melliflua (quasi da politico che parla a una folla) che ha impersonificato ottimamente l'avido combinatore di matrimoni.

Avevo già visto questa pièce il 4 agosto nel corso della stessa rassegna teatrale ma interpretato dalla Nuova compagnia dell'allegria di Genova. Incredibile come il cambio d'attori e di regia abbia reso i due spettacoli totalmente differenti! Preciso che il 4 agosto mi sono alzato a metà della rappresentazione, sia per dei problemi ai microfoni che non mi hanno fatto capire due terzi di ciò che vedevo sia perché trovavo i personaggi abbastanza insopportabili e l'andamento dello spettacolo lento e noioso. Il personaggio di Bartumé, una macchietta per le sue continue sfighe e i suoi problemi di vista, nella prima rappresentazione era un semplice vecchio dedito alle più autocommiserevoli lamentele e lagnosi borbottii (iconica la vuotissima affermazione priva di senso "Il giorno in cui sono nato io è quando hanno inventato la sfiga!") mentre nella seconda rappresentazione il vecchio Bertumé è sì una persona mezza cieca e piena di scalogna, ma non per questo rinuncia all'ironia e alla laboriosità (la stessa citazione di prima viene tagliata dalla rappresentazione), diventando probabilmente il miglior personaggio dello spettacolo accanto al notaio Pitta, personaggio secondario interpretato da Elio Berti. Se il 4 agosto il notaio era un vuoto e inutile personaggio che tirava qua e là qualche gomitata senza un motivo il 12 diventa un pingue uomo pieno di tic nervosi e incapace di esprimersi se non a balbettii. È a loro due che vanno prima di tutto i miei applausi.
Lo spettacolo della Nuova compagnia dell'allegria ha avuto i suoi pregi come per esempio l'interpretazione data al personaggio di Gaetanin, raffigurato come estremamente chiuso in sé stesso ed austero, che La Torretta invece rende come un personaggio molto spigliato e ironico, seppur con una certa inesperienza con le donne.
Il palco all'aperto di piazza San Siro a Sanremo
Ho trovato però innegabile che col secondo spettacolo i tempi comici siano notevolmente migliorati e il ritmo diventato molto più acceso e trascinante: è stato bellissimo vedere come era coinvolto il pubblico che non rinunciava a ridere di gusto.

La componente dialettale dello spettacolo non era per niente pesante ed anzi aumentava il realismo dell'opera: le battute in dialetto ligure (per altro reso comprensibilissimo!) erano solo dei personaggi più anziani, ossia Bartumé e Manuelu, mentre i più giovani parlavano normalmente italiano.

Il mio ultimo appunto va alla scenografia, migliore nella rappresentazione del 4, molto ricca e completa, che andava a riprodurre un vero salotto; il 12 consisteva solo in qualche sedia, un tavolino, un divano e una poltrona, con in sfondo solo due pareti nere e uno specchietto minuscolo a spezzare la monocromia. Però quando gli attori sono capaci la scenografia viene meno e la magia del teatro è capace di trasportare lo spettatore in qualunque luogo.

2 commenti:

  1. Interessante il post, Gilberto Govi è stato un attore teatrale dialettale di grosso calibro e poco apprezzato, un vero peccato.
    Ma tu sei un ragazzo vero o un alieno?
    Ti piace il teatro, ti piace leggere, scrivi racconti e non sei un cazzaro... Fantastico!!!

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    1. Ho scoperto Gilberto Govi ieri sera mentre mi informavo per scrivere la recensione, la sua versione di questo spettacolo era stata trasmessa dalla Rai nel 1959.

      Bhe, sì, credo di essere un ragazzo nato su questo pianeta... Almeno che i miei genitori non mi abbiano mentito per 19 anni e raccolto da un'astronave in miniatura schiantata chissà dove.
      A parte gli scherzi sì, mi piace tanto il teatro (ho fatto anche l'attore per la compagnia teatrale del mio liceo, per tre anni di fila), così come mi piace leggere e scrivere! Mi fa piacere averti impressionato e grazie per il commento, spero continuerai a seguire il mio blog!

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Disse Anton Ego...

"Ma la triste realtà a cui ci dobbiamo rassegnare è che nel grande disegno delle cose, anche l'opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale."