Disse Ulisse (o meglio, Dante)...

"Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza"

mercoledì 21 febbraio 2018

White Noise - Il pozzo di Kola, parte 2

Si può ottenere qualcosa di moderno e interessante per i giovani da un vinile? Se ne può ottenere un video su YouTube che ottenga migliaia di visualizzazioni?






Il vinile girò, la puntina si abbassò e la riproduzione iniziò. La telecamera sul suo treppiede riprendeva tutto.
FRRRRRRRRZZZRRRR. Il rumore bianco pervase nell’aria con il suo ritmico ripetersi all’infinito per sé stesso, e Jacopo sorrise felice sospirando. Ma non andava perso tempo! Dopo soli trentanove secondi sarebbe partita la traccia che gli interessava.
Grida confuse, panico, come una folla terrorizzata che si dirama in preda al caos. O come miliardi di umani costretti fermi a subire i più atroci supplizi per l’eternità.
«Il truculento grido dei dannati dell’inferno.» disse Jacopo entrando in scena con spacconeria e sicumera, indossando i suoi occhiali da sole e sorridendo in camera. Repentinamente tolse la puntina dal disco: non l’avesse fatto si sarebbe capito che quello era solo un vinile contenente effetti sonori per spettacoli teatrali.
«Questo è ciò che avete ascoltato, cari fans. “Bubbole!” starete pensando. Magari fosse così.» e guardò verso terra a simulare sconforto.
«Negli anni ‘70 e ‘80 le superpotenze America e Unione Sovietica erano in pieno braccio di ferro globale, e anche la più grossa minchiata era buon pretesto per gareggiare. Come chi avesse il buco più profondo! È così che nella penisola di Kola l’Unione Sovietica iniziò un esperimento geologico, scavando un profondissimo pozzo che arrivò a tastare il centro della Terra. Dodicimila metri! Questa era la profondità massima raggiunta dal pozzo di Kola nel 1989, che aveva finalmente superato l’americano pozzo Bertha Rogers, coi suoi miseri novemila metri capitalisti! L’obbiettivo era raggiungere i trenta chilometri, ma nell’’89 i lavori si interruppero. Collasso dell’Unione Sovietica? Difficoltà per le eccessive temperature? Nnn.»
Jacopo fece partire di nuovo il vinile e fece di nuovo ascoltare le abominevoli urla dei dannati.
«A dodicimila metri la spedizione aveva trapanato le porte dell’inferno. “Per me si va ne la città dolente,/per me si va ne l’etterno dolore,/per me si va tra la perduta gente.”» recitò mr. J con solennità.
«I ricercatori, spinti da una sconosciuta e tracotante curiosità immersero un microfono nel pozzo, e ciò che registrò è esattamente ciò che avete sentito: la disperazione della perduta gente. Noi siamo riusciti ad avere una copia di quella registrazione, e ve l’abbiamo fatta ascoltare, così che sappiate che questa storia è vera.» Chiuse gli occhi e sospirò con aria grave.
«“Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate.”» aprì gli occhi e guardò rabbioso l’obbiettivo.
«La storia non finisce così. Quella notte un mostro uscì dalla buca. Era un uomo possente, rosso come il carbone ardente, occhi bianchi come stelle e ali di pipistrello. Balzò in volo avvolto da una nube luminosa di un verde pallido e fetido, e tutta la stazione scientifica sentì le sue parole tonanti come dentro la loro testa. Semplici, concise, lapidarie, indelebili. “Ho vinto io”. Poi quel mostro, quel diavolo, sparì nel nulla, in volo verso il cielo.»
Jacopo, con l’intenzione di concludere il video con una musica calma, malinconica e inquietante, prese un disco dentro la custodia di una compilation di musica in piano forte e lo mise sicuro di sé nonostante avesse al centro un’etichetta diversa dall'immagine sulla custodia.
Giulio in tutto questo ripose per terra il cartello che aveva fatto da gobbo a Jacopo per la citazione al canto III dell’Inferno e sollevò il pollice all'amico in segno di approvazione, soddisfatto di come il video stava riuscendo.
Mr. J riprese il suo altero e freddo contegno con cui aveva recitato il video e, posata la puntina sul disco, era pronto a invitare chi aveva visto il video a condividere, mettere “mi piace” e iscriversi al canale. Aspettava solo che il rumore bianco lasciasse spazio alla musica, ma inaspettatamente si sentì solo una voce che parlava con un bizzarro accento quasi mussoliniano e una cadenza più tedesca che italiana. Nonostante queste premesse il messaggio della voce fu molto rassicurante.
«Cari amici… Cari figlioli… Siate certi di noi, poiché nessuno fra noi vacillerà. Voi siate uniti, uniti, uniti! E sopportate le vostre debolezze reciproche, lottando e migliorando come uomini e come nostri cari amici. Il nostro mondo, per voi cari, non è facile a capirsi, questo è naturale, ma con l’affetto e la fiducia, potrete ugualmente, stare vicino ai nostri cuori, aperti a voi e comprenderci di più. Un abbraccio fatto di caldo affetto e di pura amicizia, dal vostro Sigir.»
Jacopo si girò stupito verso il giradischi, e tolse la puntina dopo aver constatato che la breve registrazione era già terminata.
«Stoppa la registrazione, L’ending la facciamo poi.» disse noncurante a Giulio, mentre guardava incuriosito il vinile.
In mezzo la targhetta non era stampata. Era bianca, con su scritta un’annotazione a mano.
«“Caso Amicizia”» lesse mr. J.

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Disse Anton Ego...

"Ma la triste realtà a cui ci dobbiamo rassegnare è che nel grande disegno delle cose, anche l'opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale."