Disse Ulisse (o meglio, Dante)...

"Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza"

sabato 23 luglio 2016

L'inferno di Paperino (Massimo Marconi - Un autore multidimensionale), ft. Edoardo Valeriani

Pubblico qui sul blog un articolo che ho scritto per l'edizione del premio Papersera 2016, dedicato al fumettista Massimo Marconi. Questo articolo lo ho realizzato assieme al mio amico Edoardo Valeriani: abbiamo analizzato questa "parodia" a fumetti dell'Inferno di Dante Alighieri, realizzata dai fumettisti Massimo Marconi e Giulio Chierchini. 
Io in particolare mi sono occupato di trovare i vari riferimenti al poema originale presenti nel fumetto.




 “L’inferno di Paperino” è un fumetto uscito per la prima volta su Topolino 1654 del 9 agosto 1987. Gli autori della storia sono Giulio Chierichini e Massimo Marconi. Di Chierichini sono i disegni e la sceneggiatura, mentre a Marconi è stata attribuita la verseggiatura delle terzine in rima, che narrano la storia. La storia è una parodia della prima cantica della “Commedia” di Dante Alighieri, appunto l’Inferno: le citazioni con l’opera originale contenute nel racconto sono svariate, e le analizzeremo più avanti. Inoltre la tecnica di colorazione di buona parte della storia, quella in cui Paperino si trova all’interno dell’Inferno dantesco, è molto particolare; infatti viene utilizzato lo stile “dipinto”, inventato da Giovan Battista Carpi, a base di acquerello e aerografo, che rende le vignette molto realistiche e belle da vedere, creando un incredibile somiglianza con i cartoni animati. L’inizio della storia è piuttosto catastrofico, vediamo infatti, Paperino alle prese con lo stress che quotidianamente prova l’uomo medio, causato dall’inquinamento sia acustico che ambientale al traffico eccessivo, dalla burocrazia e dai disastri ambientali come gli incendi.
Paperino vittima del caos della società moderna, crolla in un esaurimento nervoso, che spinge Qui Quo Qua a pagargli una vacanza in canoa sul fiume Colorado, dove troverà la pace. Paperino una volta in canoa inizia a leggere la “Divina Commedia” e si addormenta, venendo catapultato nel suo inconscio, che lo porterà all’Inferno, dove troverà e condannerà tutte le sue cause di stress, con pene prese dall’opera originale. Paperino incomincia il suo viaggio onirico incontrando Arkimedio Poeta, che lo accompagnerà proteggendolo dai demoni e aiutandolo a superare gli ostacoli. L’inferno nel quale è ambientato il fumetto è strutturato in gironi come quello di Dante, e questi gironi che incontrano sono:
  • Gli inquinatori: Condannati a vagare in un turbine di vento infinito, insieme ai rifiuti che in vita avevano in terra gettato, insudiciando il suolo. Questa pena corrisponde a quella in cui sono condannati nel poema i lussuriosi, anche loro costretti a essere trasportati senza controllo dal vento, come in vita si lasciarono trasportare dalle passioni.
  • Gli abusatori di burocrazia: Obbligati a ricevere sonore “timbrate" e ad esser trasformati in carta bollata, con la quale in vita avevano perseguitato la gente. Questa pena, però non viene riscontrata nell'opera originale. 
  • I piromani: Trasformati in alberi arsi dalle fiamme sputate dalle feroci “Erinni” come loro avevano bruciato interi boschi danneggiando gravemente l’ecosistema. A una pena simile, nel poema, sono condannati i suicidi, che non seppero aver cura del proprio corpo.
  • I “condannati patentati”: In questo girone sono racchiusi due “sotto gironi” che si possono dividere in “Automobilisti accaniti”, puniti portando le auto, dalle quali erano dipendenti, in spalla e in “Pirati della strada”, condannati a essere inseguiti e investiti da automobili demoniache. La prima di queste due pene trova sì riscontro nell’opera di Dante, ma non nell’Inferno, bensì nel Purgatorio ove gli “Automobilisti accaniti” corrispondono alle anime dei superbi nel purgatorio, che devono portare macigni per espiare le proprie colpe, mentre i pirati della strada, sono vagamente riconducibili agli ignavi, che stanno nell’Antinferno, i quali non presero mai decisioni nella loro vita, tanto da non meritare né l’inferno, né il paradiso, e sono costretti ad inseguire un vessillo per non essere punti da delle api.
  • Il giudizio dei dannati: Qui troviamo Belzebù un demone che esamina le anime dei dannati e le distribuisce nei vari gironi, ovvia parodia del giudizio di Re Minosse che secondo Dante sarebbe il giudice dell’inferno. Una cosa curiosa è il fatto che Belzebù viene collocato più o meno al centro dell’inferno, non come Re Minosse che nell’opera vera viene posto, logicamente, all’inizio.
  • I teleradiodipendenti: Condannati ad essere accecati, assordati e malmenati degli strumenti elettronici dei quali in vita avevano abusato creando non pochi disturbi; anche questo girone come quello degli “abusatori di burocrazia” non trova riscontri con il poema di Dante.
  • I golosi: Arriviamo ad un girone che è realmente presente sia in questa parodia che nell’inferno vero, ossia i golosi, che qui vengono condannati sì a stare immersi nel fango, ma ad ingurgitare continuamente olio di ricino, mentre nell’ opera di Dante sono costretti, oltre a stare sommersi nel fango, a essere esposti alle intemperie
  • I taccagni: Veniamo dunque all’ultimo girone, anch’esso presente sia nell’una che nell’altra opera. I “taccagni” di Marconi e Chierichini, sono costretti a gettare nella bocca di un vulcano sacchi pieni d’oro, quell’oro che in vita con estrema avidità avevano conservato, mentre gli avari di Dante sono costretti a trasportare grandi pietre e ad insultare i prodighi e a loro volta venire insultati dagli stessi.


Si conclude quindi il racconto con l’uscita di Paperino che salutando Arkimedio si allontana lungo il fiume, risvegliandosi di nuovo in una disavventura. Massimo Marconi si è occupato in particolare della verseggiatura, dove possiamo trovare molte citazioni esplicite all’opera di Dante, anche se spesso i versi citati sono rimaneggiati e decontestualizzati: così abbiamo la terzina “Quali pollastri dal disio chiamati/seguitaron quei due il loro andare/verso altro luogo e altri condannati” che cita evidentemente “Quali colombe dal disio chiamate/con l'ali alzate e ferme al dolce nido/vegnon per l'aere, dal voler portate” (Inferno, canto V, 82-84), oppure il famosissimo incipit “Nel mezzo del cammin di nostra vita/mi ritrovai per una selva oscura,/ché la diritta via era smarrita.” (Inferno, canto I, 1-3) (che viene inoltre parzialmente citato in maniera corretta in un altro punto del fumetto) diventa “Nel mezzo del cammin del fiume cupo,/lo letto s’immettea in antro oscuro/che dall’aspetto parea bocca di lupo.”. Questo citare e rimaneggiare i versi originali del poema riesce nell’intento di far sembrare la verseggiatura come scritta nel XIV secolo. Altri parallelismi col poema si riscontrano nei personaggi che incontra Paperino nel suo viaggio. Il famoso ruolo di “Cicerone” ricoperto da Virgilio è occupato da Arkimedio, il cui abbigliamento ricorda più quello di Dante che quello di un antico romano. Curioso è il fatto che Virgilio, che nel poema rappresenta la razionalità che guida l’uomo (Dante), qui venga proprio interpretato da Archimede, che di razionale ha di fatto poco o nulla, al contrario di Pico de’ Paperis. Paperino e Arkimedio incontreranno anche Caronte, che fa anche qui il traghettatore di anime, solo che lo fa con una nave di lusso e si diverte a martellare i dannati (divertente è la terzina “Sul ponte di comando del naviglio,/Caron diomnio cogli occhi di bragia,/batte lo martellon… piglio chi piglio” che rimanda al canto III dell’Inferno, versi 109- 111, Caron dimonio, con occhi di bragia,/loro accennando, tutte le raccoglie;/batte col remo qualunque s’adagia.”), mentre Paperino da solo incontra quello che sembra essere Pluto, che dice “Paper Satàn, paper Satàn Paperino”, rimando all’oscura frase che dice nel primo verso del canto VII, ovvero “Pape Satàn, pape Satàn aleppe!”.

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Disse Anton Ego...

"Ma la triste realtà a cui ci dobbiamo rassegnare è che nel grande disegno delle cose, anche l'opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale."