Disse Ulisse (o meglio, Dante)...

"Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza"

lunedì 1 giugno 2020

Sviluppo del linguaggio

La psicologia cerca di dare risposte a molti dei quesiti sulla natura umana. Uno di questi quesiti è come il linguaggio si sviluppi nel bambino: fin dall'antichità faraoni e imperatori tedeschi si sono posti interrogativi sulle origini del linguaggio, e hanno persino organizzato esperimenti per trovare risposte.


Gli esperimenti del faraone Psammetico I e dell'imperatore Federico II



Psammetico I, faraone del 664 al 610 a.C


Il faraone Psammetico I, racconta Erodoto, si chiedeva quale fosse il popolo più antico sulla Terra. Per scoprirlo fece allevare due bambini da un pastore a cui impose di non far sentire loro nessuna parola. Il pastore li allevò con cura nel più rigoroso silenzio, fino a quando a due anni uno dei due non cominciò a esclamare spontaneamente la parola "bekos".
Il fatto fu riferito al faraone che dedusse che il popolo più antico del mondo dovesse essere quello frigio, dato che in lingua frigia "bekos" vuol dire pane.









Federico II di Svevia,
re di Sicilia dal 1198 al 1250 e
Sacro Romano Imperatore dal 1220 al 1250
Una leggenda ambientata quasi duemila anni dopo vuole il re di Sicilia e Sacro Romano Imperatore Federico II autore di un esperimento simile. L'imperatore, interessato a capire quale lingua userebbe un bambino che non ha mai sentito parlare un essere umano, avrebbe destinato un numero consistente di bambini ad essere allevati senza sentire mai una parola e a ricevere esclusivamente le cure minime indispensabili per sopravvivere (di pulizia a nutrimento). Nelle ipotesi di Federico II il bambino avrebbe potuto iniziare a parlare spontaneamente ebraico (considerata all'epoca la lingua più antica del mondo), oppure greco, latino, arabo o, infine, la lingua dei genitori d'origine. I bambini destinati all'esperimento però, secondo la leggenda, sarebbero morti tutti, perché nessun essere umano può sopravvivere senza la giusta dose di contatto umano.








Oggigiorno esperimenti simili verrebbero considerati immorali, e per fortuna abbiamo motivo di credere che queste fossero solo leggende (Erodoto non è uno storico affidabile, e la storia di Federico II ci è stata tramandata da un suo detrattore). Entrambi gli esperimenti poi si basano su una convinzione errata, cioè che il linguaggio si sviluppi spontaneamente nel bambino.

Teoria dell'apprendimento


Skinner sosteneva di poter spiegare l'apprendimento sempre e solo come una forma di condizionamento: lo scienziato per spiegare come il bambino apprendeva il linguaggio parlava di Condizionamento Operante.

La teoria del Condizionamento Operante sostiene che se un'azione compiuta dal soggetto viene ricompensata il soggetto tenderà a ripetere l'azione per venire nuovamente gratificato.

Skinner fu uno dei principali esponenti del comportamentismo, la teoria prevalente in psicologia nella prima metà del XX secolo. Per i comportamentisti se la psicologia vuole definirsi scienza deve studiare esclusivamente ciò che è osservabile e misurabile oggettivamente: la mente e i suoi processi non si possono misurare, e quindi la psicologia comportamentista li esclude dal suo campo di studi, focalizzandosi esclusivamente sull'osservazione del comportamento.

Tra gli anni '10 e gli anni '60 del Novecento la maggior parte degli psicologi adotterà questo approccio e cercherà di spiegare i grandi interrogativi sulla natura umana basandosi solo sul comportamento umano e animale.

Burrhus Skinner (1904-1990)

Nell'idea di Skinner il bambino inizia a pronunciare fonemi privi di senso, l'atto di lallazione o babbing, e ogni volta che ne pronuncia uno affine alla lingua parlata dai genitori viene da loro in qualche modo gratificato e incoraggiato a rifarlo. Pian piano i genitori modellano in questo modo il linguaggio del figlio, che a sua volta inizia a ripetere ciò che sente dai genitori, venendo gratificato anche in questo.

La teoria di Skinner si concentra quindi sull'importanza degli stimoli esterni nello sviluppo del linguaggio, totalmente mancanti negli esperimenti di Psammetico I e Federico II.

Gli studiosi oggigiorno condividono l'idea di Skinner che gli esseri umani imparino un linguaggio grazie agli stimoli esterni, ma non pensano che il condizionamento operante possa spiegare tutti gli aspetti di questo processo, dato anche il ruolo estremamente passivo a cui relega il bambino.

Le madri inoltre tendono a gratificare i propri figli anche quando si esprimono in modo grammaticalmente scorretto: badano più a cosa dice loro il figlio che alla correttezza formale delle frasi. Inoltre qualunque lingua umana ha troppi vocaboli e troppe regole grammaticali perché si riesca a spiegarne l'apprendimento solo sulla base delle interazioni che ha il bambino con le figure di riferimento: il bambino spesso usa più strutture grammaticali di quante ne abbia mai sentite dai genitori, quindi sostenere che il bambino impari esclusivamente secondo gli schemi di prove ed errori ed imitazione non è sostenibile. Inoltre studi corss-culturali sembrano dimostrare che tutti i bambini tendano a imparare lo stesso tipo di regole grammaticali nello stesso ordine.

Teoria innatista


Uno delle cose che ha fatto entrare in crisi il modello comportamentista in generale è la pubblicazione delle tesi di Chomsky.

Chomsky, linguista, sostiene che l'essere umano nasca con una naturale predisposizione a imparare la grammatica e il linguaggio in generale, come un usignolo nasce con la predisposizione a cantare. Teorizza l'esistenza di un Dispositivo di Acquisizione del Linguaggio all'interno della mente che permette al bambino di imparare il linguaggio dei genitori in tempi molto brevi.

Noam Chomsky (1928-vivente)


Questo dispositivo funzionerebbe al meglio in un periodo particolare dello sviluppo biologico, un periodo critico dove il bambino è particolarmente recettivo agli stimoli grammaticali, che va dalla nascita alla pubertà: prima della pubertà il bambino riesce a imparare qualunque lingua in maniera fluente come se fosse la propria lingua madre, senza troppi sforzi e velocemente; dopo questo periodo imparare una nuova lingua risulta più difficile e richiede più energie.
Chomsky per sostenere quest'ipotesi sostiene che tutte le lingue esistenti abbiano delle basi comuni, che vengono usate dal bambino per imparare quella dei proprio genitori.

Quest'ultima affermazione è forte e non ha particolari evidenze scientifiche, e costituisce un punto debole nella teoria innatista di Chomsky.

Altro punto debole è la constatazione del fatto che sia possibile insegnare il linguaggio dei segni alle scimmie. In un curioso esperimento a cura di Allen e Beatrix Gardner si è riusciti a insegnare il linguaggio dei segni alle scimmie, che hanno iniziato a usarlo anche per comunicare fra di loro, fino al punto di... Iniziare a usarlo spontaneamente per inventare nuove parole e insulti rivolti ad altre scimmie, tramandandolo anche alle generazioni successive. Washoe, una femmina di scimpanzé coinvolta nell'esperimento, inventò l'insulto "sporca scimmia" per rivolgersi a uno scimpanzé che gli aveva rubato il cibo, e la cosa più curiosa è che Washoe fino a quel momento aveva incontrato il termine "sporco" solo per riferirsi a oggetti sporchi e non come insulto. Allo stesso modo Lucy, un altro scimpanzé coinvolto nell'esperimento, coniò il neologismo "frutto da bere" per riferirsi all'anguria.
Anche le scimmie posseggono quindi un Dispositivo di Acquisizione del Linguaggio?

Va comunque sottolineato che il vocabolario imparato da queste scimmie era limitato a poche centinaia di parole riferite a concetti concreti, e che in ogni caso non sembravano far molto uso di grammatica.

Washoe (1965-2007)


Gli studiosi oggi condividono l'idea di Chomsky che gli essere umani siano biologicamente programmati per imparare un linguaggio, ma non pensano che la biologia possa spiegare tutti gli aspetti di questo processo, dato anche il fatto che i bambini imparano a padroneggiare perfettamente una lingua in modo più graduale di quanto sostenga questa teoria.

Teoria interazionista


Concludendo, per gli psicologi contemporanei la verità sta nel mezzo: gli esseri umani sono biologicamente programmati a imparare una lingua, però allo stesso tempo perché questo processo avvenga nel migliore dei modi sono necessaire varie interazioni sociali con gli adulti significativi. I genitori devono riconoscere la capacità del bambino di essere coinvolto in una discussione, tenendo conto di ciò che sanno e di ciò che riescono a capire: se lo faranno i bambini padroneggeranno la loro lingua madre al meglio e impareranno a comprendere sempre più cose.
I genitori a loro volta per facilitare l'apprendimento del bambino devono parlargli usando un linguaggio semplice, con parole pronunciate chiaramente e in modo più lento.


Oltre le teorie: cosa sappiamo oggi dello sviluppo del linguaggio


Il bambino sviluppa l'abilità linguistica molto in fretta, essendo molto recettivo agli stimoli linguistici fin dalla nascita.
Fino a sei mesi il bambino discrimina chiaramente ogni tipo di fonema, ma dopo quest'età perde questa abilità e inizia a focalizzarsi solo su quelli tipici della lingua dei genitori. 

La lallazione o babbing citato precedentemente è un'attività che si compie trai 4 e i 6 mesi: il bambino inizia ad emettere combinazioni di sillabe prive di significato ma che assomigliano a quelle della lingua madre. È un passaggio programmato biologicamente, e questo lo si può capire dal fatto che tutti i bambini imparino ad emettere suoni in una certa sequenza, e anche i bambini sordi si impegnano in questa attività, seppure con un certo ritardo rispetto agli altri bambini (11 mesi). Ci sono studi che dimostrano come, se si inizia a comunicare precocemente con un bambino sordo usando la lingua dei segni, questo inizierà trai 4 e i 6 mesi a lallare... usando la lingua dei segni, quindi non con la voce ma con le mani.



Trai 10 e i 12 mesi i bambini invece iniziano a produrre le prime parole. Va chiarito che i bambini hanno un'abilità linguistica passiva molto superiore a quella attiva: in poche parole capiscono più parole di quante ne sappiano pronunciare, e quindi quando a 18 mesi arrivano solitamente a possedere un vocabolario attivo di 50 parole in realtà ne sanno comprendere molte di più. A 24 mesi il bambino padroneggia un linguaggio di tipo telegrafico, privo di pronomi e articoli. In realtà questo tipo di linguaggio ha delle basi di tipo grammaticale: le parole sono poste secondo le regole sintattiche della lingua madre. Riporto un esempio riportato sul manuale Psicologia generale di Schacter et al.: un bambino italiano di 24 mesi per dire "Tirami la palla" dirà "Tira palla" e non "Palla tira".

Trai 2 e i 3 anni i bambini si concentrano sull'apprendimento dei suoni: riescono ad associare una parola all'oggetto o concetto a cui si riferisce anche dopo averla sentita una sola volta! Sanno usare bene le eccezioni grammaticali: sanno che il passato del verbo inglese "to eat" è "ate", perché è questa la parola che sentono materialmente usare dai genitori.

Trai 3 e i 5 anni invece i bambini iniziano ad intuire le regole grammaticali della lingua madre e tenderanno a usarle anche per le eccezioni: lo stesso bambino che a 2 anni usava correttamente la forma "ate", a 5 dirà "eated", perché ha intuito che per usare un verbo al passato deve aggiungere la desinenza "-ed", anche se non ha mai sentito usare questa forma scorretta dai genitori. È un processo chiamato sovrageneralizzazione, che dimostra come l'apprendimento della lingua da parte del bambino sia un processo attivo e creativo.


La lingua dei segni nicaraguense


Riassumendo, l'apprendimento del linguaggio è un processo che vede il bambino come soggetto attivo e le creativo, in cui però le interazioni sociali sono fondamentali. A dimostrazione di queste due affermazioni va sicuramente riportata la storia della lingua dei segni nicaraguense.

Cartina della Mesoamerica: il Nicaragua è in grigio scuro


Fino al 1981 in Nicaragua non esisteva nessuna comunità di sordi, e quindi nemmeno una lingua dei segni codificata: chi era affetto da questo deficit non aveva contatti con altri sordi e comunicava usando gesti semplici e improvvisati con familiari e conoscenti.

Nel 1981 alcuni bambini sordi furono destinati a un istituto scolastico apposito, che però continuava a non insegnare loro nessuna lingua dei segni. Il solo fatto di interagire fra di loro ha però portato questi bambini a sviluppare spontaneamente una lingua dei segni comune, inventando gesti e attribuendogli un significato condiviso da tutti. Una lingua a tutti gli effetti, con tanto di regole grammaticali.

Questa lingua è stata così tramandata tra gli studenti di anno in anno, e nel corso dei decenni successivi si è modificata a arricchita di un vocabolario sempre più ampio: i nuovi studenti, oltre a imitare i gesti degli studenti più grandi, iniziavano a inventare nuovi segni per arrivare a identificare e scomporre le varie esperienze di tutti i giorni.


Un bambino sordo del Nicaragua


Bibliografia


  • AA.VV., Psicologia generale, Bologna, Zanichelli editore, 2018
  • Begotti T., Calandri E., Psicologia dello sviluppo. Canali A e B, Milano, McGraw Hill, 2019
  • Gagliardi A., Storie dell'antichità, Torino, Archimede edizioni, 1993

Sitografia


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Disse Anton Ego...

"Ma la triste realtà a cui ci dobbiamo rassegnare è che nel grande disegno delle cose, anche l'opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale."