Disse Ulisse (o meglio, Dante)...

"Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza"

venerdì 28 dicembre 2018

Canto di Natale 2

È troppo tardi pubblicare un post natalizio? È uno special natalizio con tutti i crismi, parla del Canto di Natale di Dickens!




Il "Canto di Natale" di Charles Dickens è sicuramente il racconto natalizio più famoso e più trasposto, un vero cliché per special natalizi televisivi; ha però il pregio di essere una storia edificante e toccante.
Un arcigno usuraio capisce gli errori della sua vita e cambia, diventando una persona migliore. Ipocrisia? Scrooge è un vigliacco che cambia solo davanti la visione della propria morte? Nella vita reale le persone non ricevono la visita di fantasmi convertenti? Io credo che Scrooge viva un sogno dove guarda in faccia gli spettri del suo passato, del suo presente e del suo futuro, dove concretizza finalmente dei suoi pensieri profondi che gli suggeriscono come le sue azioni verso gli altri siano profondamente sbagliate. Scrooge sa già perfettamente tutto ciò che gli spettri gli mostrano, solo non vuole ammetterlo a sé stesso: sarà solo questo incubo a metterlo di fronte alla verità.
Scrooge non cambia perché spaventato dalla prospettiva della morte, ma perché constata quanto sia vero ciò che vede... Gli spettri che appaiono a Scrooge sono i suoi dubbi interiori, con cui tutti prima o poi abbiamo a che fare. E la storia in sé stessa ha l'obbiettivo (moralistico), di far sì che il lettore veda in faccia i proprio spettri: il racconto stesso è quindi l'essenza dei tre spiriti, e chiunque lo legge potenzialmente ne riceva la visita nel proprio animo.

Dickens scrisse anche altri racconti a tema natalizio: "Le campane", "Il grillo del focolare", "La battaglia della vita", "Il patto col fantasma" sono quelli che si è soliti ricordare, ma anche nel romanzo "Il circolo Pickwick" è presente un racconto a sé stante ambientato in questo periodo dell'anno,"La storia dei folletti che rapirono un sagrestano", che ha lo stesso schema del "Canto di Natale". Poi ne "Le campane", che riprende anch'esso lo schema del "Canto di Natale", viene specificato come il viaggio nel tempo del protagonista sia stato un sogno dovuto alle sue paure.


Ebenezer Scrooge (mcDuck)
Sono tantissime le trasposizioni del "Canto di Natale", la più celebre e fedele è sicuramente il film"A Christmas carol" di Robert Zemeckis, ma la mia preferita, come ho già detto nel tag natalizio, è sicuramente il "Canto di Natale di Topolino", cortometraggio del 1983 dove i personaggi Disney interpretano i protagonisti dell'opera di Dickens, con in particolare un azzeccatissimo zio Paperone nel ruolo di Ebenezer Scrooge (il nome inglese di zio Paperone è infatti Scrooge mcDuck). È un cartone bellissimo, con un ritmo narrativo perfetto e con ottima grafica; è un pezzo della mia infanzia. E adoro Gigi Angelillo che doppia Paperone.


Mi piace tantissimo la nuova serie di "DuckTales" iniziata nel 2017, e l'ultimo episodio uscito, "Last Christmas", è uno speciale natalizio che riprende il "Canto di Natale"... Ma si propone indirettamente come sequel della famosa storia. Zio Paperone riceve ogni anno la notte di Natale la visita dei tre spiriti che lo portano a vedere i sui Natali del passato, del presente e del futuro. Dopo tutti questi anni di conoscenza i quattro sono ormai amici intimi e vagano in giro nel tempo più per divertirsi che per lasciare un insegnamento a Paperone. Il taglio dell'episodio è più ironico che moralistico, e a questa storia se ne intreccia un'altra più toccante che vede Quo incontrare suo zio Paperino e sua mamma Della da bambini. È davvero bello poi veder riprendere nei titoli di coda dell'episodio lo stile dei titoli di testa del "Canto di Natale di Topolino".

Pupazzetti dei personaggi del Canto di Natale di Topolino

"Ma Scrooge, in seguito, fu anche più generoso di quanto aveva promesso. [...] Divenne un buon amico, un buon padrone e un buon uomo[...]. Con gli spiriti non ebbe mai più a che fare, ma rimediò con gli uomini, e di lui si disse sempre che al mondo non c'era un uomo che sapesse festeggiare meglio il Natale."
Canto di Natale, in Canti di Natale di Charles Dickens, traduzione di Luca Lamberti


Dickens è abbastanza inequivocabile per quanto riguarda il destino di Scrooge, ma questo non ha impedito la creazione un breve racconto che, partendo dalla stessa idea di "Last Christmas", da un finale alternativo alla vicenda: si tratta de "Lo strano Natale di Mister Scrooge", scritto da Dino Buzzati nel 1965 per il Corriere della Sera.

"Allo scopo di evitare il Natale da cui aborriva, il signor Ebenezer W. Scrooge, 62 anni, celibe, ricchissimo, aveva deciso di allontanarsi quanto più possibile dai fratelli, dai nipoti, dalla propria casa, dalla propria città, ch'era Nuova York, da tutto ciò che costituiva rapporto umano e sociale, non diciamo amicizia perché di veri amici Mr. Scrooge non ne aveva avuti mai."
Lo strano Natale di Mister Scrooge, in Il panettone non bastò di Dino Buzzati



Illustrazione di Fabio Visintin per
la copertina del Canto di Natale
edito da Piemme
Dino Buzzati immagina un seguito del famosissimo racconto di Dickens, ambientato però nel suo presente. Scrooge è un uomo avido, pragmatico e ricchissimo che vive a New York, dove sfreccia in Cadillac nera, incurante di tutta l'umanità attorno a sé. Si imbarca per un viaggio in Europa, così da passare il Natale in mezzo all'Oceano Atlantico ed evitare la sua annuale persecuzione: ogni notte di Natale riceve la visita di uno spirito (un unico Spirito del Natale) "subdolo e maligno" che lo fa "atrocemente intenerire" per alcune ore ("Ogni volta Ebenezer W. Scrooge nel giro di poche ore era riuscito a riaversi, a cacciare via l'orribile tentazione di sorridere, scherzare, compatire, voler bene e fare del bene. Tuttavia per alcuni giorni gli rimaneva una sorta di groppo molto penoso che gli pesava in corrispondenza
dello sterno.", ibidem) 
Il racconto è una critica moralistica e nostalgica al Natale moderno, dove le persone recitano la festa senza viverla, passandola in modo frenetico, come è frenetica New York.





"In realtà a Nuova York non esisteva quasi il pericolo temuto da Scrooge. A Nuova York, in complesso, Scrooge si trovava a vivere bene. A Nuova York non vige la benevolenza verso il prossimo e l'uomo quando incontra l'uomo non si chiede: «Chi se? Dove vai? Di che cosa hai bisogno?»; l'uomo, il cameriere, il commesso, il fattorino, il bigliettaio non sorride se non ce n'è un motivo preciso, il sorriso gratuito infatti non corrisponde a una sana business-likeattitude, a forza di sorrisi mai e poi mai sarebbero state elevate torri, le guglie, i picchi stupendi che al passare delle nuvole bianche spiccano lentamente il volo e vanno, vanno verso gli sconosciuti confini. Ciò piaceva molto a Scrooge il quale dava l'esempio, astenendosi da ogni sorriso ancora più degli altri.
A Nuova York l'interesse dell'uomo per l'altro uomo è limitato alle esigenze familiari, erotiche, lavorative, sociali e tutt'al più di amicizia, poi basta, gli altri che stanno fuori non esistono, sono meno di niente e, se non fosse così, mai si sarebbero costruiti gli inni d'acciaio comunemente denominati ponti, o le terribili muraglie alate, o i castelli, i supremi pinnacoli, le rudi vette dell'uomo."
Ibidem 

Le metropoli sono spersonificanti e creano comunità poco coese, umanità che vivono ignorandosi le une con le altre: questa situazione è tipica della società americana, ma viene da pensare che, nel ripetere più volte come gli italiani siano diversi da così, lo scrittore voglia denunciare come pian piano il resto del mondo si stia adeguando a questa situazione. Buzzati vivendo a Milano doveva conoscere bene questa situazione; in fondo già nel romanzo "Un amore" (1963), ambientato proprio a Milano, Buzzati fa emergere una situazione di simile egocentrismo ed egoismo, di pragmaticità dei rapporti umani.
Lo Scrooge di Buzzati, pur ricevendo da anni la visita degli spiriti, continua ad essere arido e avido: forse certe persone non cambiano mai, nonostante le varie possibilità che gli vengono date? Scrooge anche qui conosce perfettamente tutto ciò che gli spettri gli mostrano e non vuole ammetterlo a sé stesso, cerca di scappare dal mondo rifugiandosi in mare, ma purtroppo non può fuggire dal Natale, con le sue aspettative, la sua amarezza e il suo senso di colpa che lo Spirito del Natale (la sua coscienza?) gli crea nell'animo. Questo dirà nel finale "Io non potevo abbandonarla... Sono qui per farle del bene...".


Ho parlato di:

Il canto di Natale di Topolino, contenuto nel DVD Topolino star a colori volume 2




Canto di Natale, contenuto nel libro Canti di Natale di Dickens




Lo strano Natale di Mister Scrooge, contenuto nel libro Il panettone non bastò di Buzzati

5 commenti:

  1. Confesso di aver pensato che alla base del cambiamento di Scrooge ci fosse un bel po' di opportunismo, per lavarsi la coscienza prima di morire.
    In ogni caso, mi piace credere che un cattivo che diventa buono, a prescindere dal motivo per cui lo faccia, è sempre un successo.

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    1. Sicuramente lo Scrooge di Bizzarri riesce al massimo a pulire la propria coscienza per qualche giorno, ma per quello di Dickens è diverso secondo me: come specificato nell'epilogo del racconto cambia radicalmente stile di vita per anni e anni prima di morire. L'obbiettivo di Dickens è far fare al lettore le stesse riflessioni di Scrooge: io credo che Scrooge veda finalmente in faccia la propria coscienza e prenda atto dei propri sbagli con onestà verso sé stesso, non fa solo un lavaggio sommario alla propria coscienza con qualche buona azione saltuaria.

      Comunque, dato che non so se ci sentiremo nei prossimi giorni, auguro un buon anno nuovo a te e alla tua famiglia, Claudia! :)

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    2. E meno male che ci sentiamo oggi e non i primi di gennaio.
      Perché se no rischiavo di beccarmi quelli per la Befana. :P
      Auguri a te. Un bacio

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    3. Ahahah! Scusami anzi se a Natale non mi sono fatto sentire, ma ero abbastanza fuori dalla blogosfera!

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    4. Ma figurati.
      Hai fatto bene. Goditi le feste e la famiglia. Per la blogosfera c'è sempre tempo. :*

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Disse Anton Ego...

"Ma la triste realtà a cui ci dobbiamo rassegnare è che nel grande disegno delle cose, anche l'opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale."