Disse Ulisse (o meglio, Dante)...

"Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza"

sabato 11 giugno 2016

Candido o l'ottimismo


Voglio pubblicare la recensione di un libro che lessi tempo fa per compito: "Candido o l'ottimismo" di Voltaire. Oltre alla scheda/recensione andava preparata una esposizione orale del libro. Credo che il monologo che preparai meriti anch'esso la pubblicazione, quindi chissà, magari in futuro lo vedrete qui sul blog. Il libro mi è piaciuto molto... Ma per avere maggiori informazioni e mie impressioni, vi lascio alla scheda.



Titolo originale: Candide ou l’optimisme
Autore: Voltaire
Data e luogo di pubblicazione: 1759 a Parigi, Londra e
Amsterdam
Genere di appartenenza: racconto filosofico

 [...]e Pangloss deceva qualche volta a Candido: “Tutti gli eventi sono connessi nel migliori dei mondi possibili; perché se voi non foste stato cacciato da un bel castello a gran calci nel sedere, per amore di Madamigella Cunegonda, se non foste capitato sotto l’Inquisizione; se non aveste percorso l’America a piedi, se non aveste assestato un bel colpo di spada al barone, se non aveste perso tutti i montoni di Eldorado, non sareste qui a mangiare cedri canditi e pistacchi.” “Ben detto,” rispose Candido, “Ma dobbiamo coltivare il nostro orto.”


Candido o l’ottimismo” è stato scritto da Voltaire nel 1759. Il libro ha intenti filosofici, nonostante a una lettura superficiale possa sembrare un’accozzaglia frenetica di eventi senza troppo senso. Il libro narra le disavventure di Candido e dei suoi amici, costretti dalla sfortuna a dover continuamente girare il mondo senza una fissa dimora. Candido, un ragazzo cresciuto nel castello di un barone, a causa di un bacio innocente che scambia con la figlia del padrone di casa, è costretto ad abbandonare la reggia e a intraprendere questo giro del mondo. Durante il suo viaggio incontrerà vecchi amici, come Pangloss, il filosofo che a corte gli faceva da maestro, o Cunegonda, la figlia del barone del quale è innamorato, ricambiato, e ne conoscerà di nuovi, come Martino, filosofo dalle idee opposte a quelle di Pangloss, e Cacambo, schiavo molto astuto e intelligente.
Tutti i personaggi di “Candido” subiscono le peggiori disgrazie, ma, rimanendo fedeli alla filosofia di Pangloss, le affrontano con ottimismo e noncuranza, consapevoli che quella fosse la cosa migliore che potesse accadere (“Viviamo nel migliore dei mondi possibile” sostiene più volte, ciecamente, Pangloss). Questo contrasto tra la noncuranza dei personaggi e le disgrazie che subiscono, che sono volutamente iperboliche fino a raggiungere il grottesco, crea situazioni veramente comiche e assurde. I personaggi inoltre muoiono e “resuscitano” nei modi più disparati, e questo non fa che aumentare il senso di assurdo durante la lettura del libro.
Il libro è generalmente una presa in giro alla filosofia di Pangloss, molto presente e condivisa ai tempi di Voltaire, che vuole il nostro mondo come il miglior mondo possibile, e che se una disgrazia accade (come il realmente accaduto terremoto di Lisbona del 1756 che Candido e Pangloss si trovano a vivere) è per raggiungere un qualche bene maggiore successivamente. È interessante sopratutto il finale del libro, dove Candido e i suoi amici, tutti vivi, approdano in Turchia e trovano finalmente la pace e la fine delle loro disavventure. Però, come è prevedibile, questa pace è destinata a durare poco: la fine delle loro peripezie e la ritrovata calma infatti non portano che la noia in mezzo al gruppo. L’unico modo per combattere questa noia, ritrovare la felicità e far si che per loro questo sia davvero il miglior modo possibile è mettersi a lavorare alacremente e con zelo: i protagonisti infatti acquistano una fattoria e vi ci si dedicano, ritrovando nuovamente la gioia, tanto che Pangloss nel finale arriva di nuovo ad ammettere che questo è il migliore dei mondi possibile, nonostante Candido, più cautamente, gli dica di non pensarci e di mettersi a lavorare. Tutto il testo inoltre è caratterizzato da un forte anticlericalismo, con papi che hanno figlie e missionari gesuiti che guidano eserciti di indiani contro i legittimi sovrani, che ai tempi di Voltaire era molto diffuso grazie al pensiero illuminista. Questo anticlericalismo lo ha portato ha essere etichettato dalla chiesa come lettura proibita, tanto che il libro rimase al bando i diversi paesi fino al XX secolo.
Lo stile di scrittura è semplice e immediato, e il narratore è esterno e onnisciente. Voltaire descrive le disgrazie senza dilungarcisi troppo, e questo aumenta la comicità del tutto. Ho trovato inoltre interessante una strana scelta stilistica, il passaggio senza problemi da un tempo passato a uno presente: questo metodo di scrittura, che teoricamente è sbagliatissimo, riesce a stare bene nel testo e aumenta la scorrevolezza dell’opera.




I personaggi che sono protagonisti del libro sono:

  • Candido: Un ragazzo nato nella regione tedesca della Westfalia, ha vissuto tutta la sua infanzia e giovinezza al castello di un barone, dove è stato educato dal filosofo Pangloss. Verrà cacciato dal barone dopo che riceverà un bacio dalla figlia di questi, Cunegonda, e sarà costretto a intraprendere un viaggio per il mondo, durante il quale troverà l’El Dorado diventando ricchissimo. Ma il suo viaggio è dominato dalla sfortuna, e nonostante le ricchezze non troverà la felicità, anzi, perderà tutto e sarà costretto a lavorare in una fattoria che ha comprato con gli ultimi risparmi, trovando così la felicità, assieme a tutti gli altri personaggi.
  • Pangloss: filosofo appartenente alla corrente leibniziana, sostiene che se tutto è stato creato con un fine da Dio, ogni cosa è la miglior cosa possibile, e quello in cui viviamo, è il mondo migliore possibile. La sua filosofia sarà più volte smentita dagli eventi e presa in giro dall’autore del libro, e il personaggio subirà le peggiori disgrazie, tanto che sarà più volte dato per morto. Ha fatto da maestro a Candido quando era ospite nel castello del barone, ed è costretto a scappare dopo che il castello viene distrutto durante la guerra dei sette anni.
  • Cunegonda: è la figlia del barone di Westfalia, innamorata ricambiata di Candido. Il bacio che si scambieranno i due innamorati sarà la causa della cacciata di Candido dal castello. Dopo di ciò sarà costretta a scappare dal castello, che verrà distrutto a causa della guerra. Durante la guerra sarà violentata e sventrata, tanto che il filosofo Pangloss la darà per morta. Durante la storia tutte le privazioni e le mutilazioni che subirà le faranno perdere la sfavillante bellezza che la caratterizzava e che aveva fatto innamorare Candido.
  • La vecchia serva di Cunegonda: vecchia signora, figlia dell’inesistente papa Urbano X, era un tempo bellissima. A seguito di varie disavventure perderà la sua bellezza, e sarà costretta in tarda età a fare da serva a Cunegonda, alla quale racconterà la sua vita
  • Cacambo: un astuto sudamericano, diventerà servo di Candido, e troverà con lui l’El Dorado. Si occuperà di scortare Cunegonda fino a Venezia, ma per varie disavventure finirà a Costantinopoli
  • Martino: filosofo dalle idee totalmente contrapposte a quelle di Pangloss, sostiene che Dio esiste e non vuole il bene dell’uomo. Si autodefinisce manicheo, nonostante la religione manichea (che professava l’esistenza di due principi indipendenti e distinti di Luce e Tenebre) si sia estinta attorno all’anno 1000. Verrà assunto da Candido per avere un po’ di compagnia durante il suo viaggio dopo che si era separato da tutti gli altri personaggi, e gli racconterà la sua storia
  • Fratello di Cunegonda: è il fratello di Cunegonda, che, dato per morto durante la guerra, si scoprirà essere diventato gesuita e aver sobillato una rivolta armata in Sudamerica contro il re di Portogallo. È uno strenuo difensore dei diritti dei nobili, e si opporrà al matrimonio tra Candido e Cunegonda, tanto che Candido arriverà a ucciderlo in duello per la mano della giovane. O almeno così crede Candido, dato che si scoprirà alla fine del libro essere sopravvissuto, e essere diventato schiavo su una galea turca. Alla fine del libro sarà l’unico a non lavorare con Candido alla fattoria, dato che verrà rispedito a Roma dai gesuiti perché non si opponesse al matrimonio della sorella


Citazioni:

Il passaggio indiscriminato dal passato al presente:

In virtù del dono di Dio che si chiama libertà optò per farsi bastonare trentasei volte; ne sopportò solo due. […] Mentre stavano per procedere alla terza passata, Candido, non potendone più, supplicò che avessero la bontà di spaccargli la testa; ottenne questo favore; gli bendano gli occhi, lo mettono in ginocchio. In quel momento passa il re dei Bulgari (Prussiani - NDT) si informa sul delitto commesso dal punito; e, poiché questo re era dotato di grande ingegno, capì, da ciò che gli dissero di Candido, che si trattava di un giovane metafisico, ignorantissimo delle cose di questo mondo, e gli accordò la grazia con una clemenza che sarà lodata in tutti i giornali e per tutti i secoli.

La bellezza della Signora baronessa:

La Signora baronessa, che pesava all’incirca trecentocinquanta libbre (158 kg! - NDT), era in virtù di ciò molto considerata [...].


Questa citazione è interessante perché la baronessa è considerata bella proprio perché pesa 158 chili: oggi verrebbe considerata obesa, e con un peso del genere non si avrebbero tutti i torti… Come cambia il canone di bellezza nei secoli!



La filosofia di Pangloss:

Pangloss insegnava la metafisico-teologo-cosmologo-stoltologia. Mirabilmente, egli dimostrava che non c’è effetto senza causa, e che in questo mondo, il migliore dei mondi possibili, il castello del Signor barone era il più bello e la Signora baronessa, la migliore delle baronesse.

È dimostrato,” diceva, “che le cose non possono essere altrimenti: essendo infatti tutto creato per un fine, tutto è necessariamente per il miglior fine. Osservate che i nasi sono stati fatti per portare occhiali e noi abbiamo infatti degli occhiali. Le gambe sono visibilmente istituite per essere rivestite e noi abbiamo dei calzoni. Le pietre sono state costituite per essere tagliate e per farne castelli, così Monsignore ha un bellissimo castello, poiché il più grande barone della provincia deve essere il meglio alloggiato; e, siccome i maiali sono stati fatti per essere mangiati, noi mangiamo carne di maiale tutto l’anno; di conseguenza, coloro che hanno affermato che tutto è bene, hanno asserito una grande sciocchezza: bisognava dire che tutto è per il meglio.”

La filosofia di Martino:

Dovete avere il diavolo in corpo,” disse Candido. “Si immischia talmente nelle faccende di questo mondo” disse Martino, “che potrebbe benissimo essere nel mio corpo come in qualsiasi altra parte; ma vi confesso che, gettando uno sguardo su questo globo, o per meglio dire su questo globulo, penso che Dio l’abbia abbandonato a qualche essere malefico, eccezion fatta sempre per El Dorado. Non ho mai visto città che non desiderasse la rovina della città vicina, né famiglia che non volesse lo sterminio di qualche altra famiglia. Ovunque i deboli odiano i potenti davanti ai quali strisciano, e i potenti li trattano come greggi di cui si vende la lana e la carne. Un milione di assassini irreggimentati, scorrendo da un capo all’altro dell’Europa, esercitano disciplinatamente l’omicidio e il brigantaggio per guadagnarsi il pane, perché non vi è miglior mestiere; e nelle città che sembrano godere della pace è in cui fioriscono le arti, gli uomini sono divorati da invidia, preoccupazioni e angosce maggiori delle calamità cui è soggetta una città assediata. I dispiaceri intimi sono ancora più crudeli delle miserie pubbliche. In una parola, tante ne ho viste e provate che sono manicheo.” “C’è tuttavia del buono,” replicava Candido. “Può darsi,” diceva Martino, “ma io non lo vedo.”

L’ingenuità di Candido:

Candido rimase ancora qualche tempo a Surinam, e attese che qualche altro capitano fosse disposto a condurlo in Italia con i due montoni che gli rimanevano. Assunse dei domestici e acquistò il necessario per un lungo viaggio; e alla fine il signor Vanderdendur, proprietario di un grosso vascello, si presentò a lui. “Quanto volete,” gli chiese, “per condurmi direttamente a Venezia con i miei servitori, i miei bagagli e questi due montoni?” Il capitano fissò il prezzo di diecimila piastre; Candido non esitò. “Oh! oh!” disse fra sé l’astuto Vanderdendur, “questo straniero paga diecimila piastre senza fiatare! Deve essere molto ricco.”[…] Ritorna […] gli dice di non poterlo condurre a Venezia per meno di trentamila piastre. “Ne avrete allora trentamila,” rispose Candido “Oh! Oh!,” si disse ancora il mercante olandese “trentamila piastre non sono nulla per quest’uomo; certamente i due montoni portano immensi tesori; non insistiamo oltre: facciamoci innanzitutto pagare le trentamila piastre, e poi vedremo.” Candido vendette due diamantucci, il più piccolo dei quali valeva più di tutto il danaro richiesto dal capitano. Lo pagò anticipatamente. I due montoni furono imbarcati. Candido seguiva su una barchetta per raggiungere il vascello nella rada; il capitano coglie il momento giusto, spiega le vele, toglie l’ancora e salpa; il vento gli è favorevole. Candido smarrito e stupefatto lo perde ben presto di vista. “Ahimé!” esclamò “Ecco un tiro degno del vecchio mondo.” Ritorna a riva sopraffatto dal dolore; perché, a conti fatti, aveva perso quanto sarebbe bastato a far la fortuna di venti monarchi.


Ho parlato di

Candido o l'ottimismo di Voltaire

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Disse Anton Ego...

"Ma la triste realtà a cui ci dobbiamo rassegnare è che nel grande disegno delle cose, anche l'opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale."