Disse Ulisse (o meglio, Dante)...

"Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
ma per seguir virtute e canoscenza"

lunedì 28 marzo 2016

Storie di un tempo lontano

Ho appena finito di leggere un volume intitolato "Storie di un tempo lontano", antologia di racconti a fumetti realizzati dal giapponese Leiji Matsumoto, autore conosciuto sopratutto per aver ideato il personaggio di capitan Harlock. Vorrei dire la mia riguardo questa lettura quando la sensazione è ancora fresca, come feci con quel capolavoro che fu "Il porto proibito", e lo farò in questo post sul blog.

Tralasciando il rapporto complicato che ho con capitan Harlock, che merita un post a sé come fu con Lupin III, questo volume mi ha lasciato solo un gran senso di confusione e di pesantezza. Sarà che non rientro nel target di lettura (essendo etichettato come seinen, è indicato per un pubblico dai 18 anni in su, e io sono di un anno più giovane...), ma è capitato più volte che leggendo i vari racconti che compongono l'opera mi ritrovassi a non comprendere il senso degli avvenimenti.
Il volume è un'antologia di racconti autoconclusivi, 24 per la precisione, scritti e disegnati tra il '75 e il '76 da Leiji Matsumoto, autore giapponese di fumetti di fantascienza, le cui opere più famose sono "La corazzata spaziale Yamato", "Capitan Harlock" e "Galaxy Express 999", titoli non estranei a chi è stato bambino tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80. Molti racconti dell'antologia riprendono la tematica fantascientifica, trattandola però in maniera molto superficiale (cosa che faceva già nelle opere che ho precedentemente nominato); ritengo anzi che il modo migliore per definire questo tipo di fantascienza sia "ingenuo", dato che presentano spesso un'ambientazione che bada più all'effetto scenico dei macchinari o alla sensazione da comunicare che all'effettiva coerenza scientifica o interna delle vicende. Molti temi nei racconti sono ricorrenti, e alcune volte accade anche che alcune trame si assomiglino fin troppo. Alcuni temi ricorrenti sono la teoria dell'eterno ritorno (che prevede un ripetersi ciclico e infinito degli stessi avvenimenti) e la donna vista come origine del male (davvero, all'interno del volume, nel comparto redazionale, è presente questa frase: "Le donne rappresentano un ideale di uomo. Non possono essere altro se non belle. E nella loro bellezza racchiudono tutto, forza e debolezza, cuore e intelletto, e oltre a ciò la maggior parte di esse sono esseri trascendentali che congiungono direttamente la separazione tra lo Spazio e il Tempo. Sono le donne che rappresentano la perfezione e la forma ideale". Ecco, io ho trovato tutt'altro: le donne vengono rappresentate spesso come infide traditrici, esseri spietati che approfittano della loro bellezza per uccidere e tradire gli esseri che rimangono sedotti dal loro aspetto etereo, nel nome dell'egoismo e della sopravvivenza, pronte anche a cibarsi delle carni di altri esseri umani. Non ho visto un messaggio positivo sulla condizione femminile nei racconti, anzi, credo che ce ne sia solo uno in cui la protagonista donna è vista positivamente e anzi viene tradita dal maschio. È interessante inoltre il fatto che ci siano racconti in cui le donne vengono stuprate dagli uomini, e che la cosa venga di volta in volta posta in maniera positiva al lettore dati eventi della storia). Ricorrente è anche l'ambientazione postapocalittica o apocalittica, con un'umanità ridotta quasi all'estinzione e retrocessa alla barbarie da cause umane o da improbabili cause naturali. Matsumoto ricorre spesso anche alla teoria degli antichi astronauti, e molti racconti si basano sullo stesso canovaccio che presenta una colonia umana proveniente da un avanzatissimo pianeta alieno atterrare su una primitiva Terra, dove sarà costretta, per motivi spesso solo accennati, a rimanere per sempre, arrivando addirittura ad involvere in scimmie o in uomini preistorici perché sì, senza una motivazione logico/scientifica abbastanza convincente. L'operato di Matsumoto, come vedremo probabilmente tra qualche tempo in un post dedicato solo a capitan Harlock, è comunque interessante da analizzare in quanto l'autore in corso d'opera subisce un'evoluzione filosofica evidente: la concezione di male e di malvagio e di convivenza con essa durante la realizzazione dei suoi fumetti cambia radicalmente, arrivando più volte a contraddirsi evidentemente. In questa serie di racconti però la concezione rimane unitaria: c'è una razza aliena che si scontra con l'umanità in una lotta alla sopravvivenza, e questa razza viene rappresentata come antagonista perché deve esserlo, con l'unica motivazione logica che l'esistenza di una delle due è un'ostacolo per l'altra (come Fredrick Brown diceva nel suo racconto "La sentinella": "Il nemico, l’unica altra razza intelligente della galassia… crudeli schifosi, ripugnanti mostri. Il primo contatto era avvenuto vicino al centro della galassia, dopo la lenta e difficile colonizzazione di qualche migliaio di pianeti; ed era stata subito guerra; quelli avevano cominciato a sparare senza nemmeno tentare un accordo, una soluzione pacifica. E adesso, pianeta per pianeta, bisognava combattere, coi denti e con le unghie."). L'unica fazione di cui l'autore ci mostra il punti di vista è quella umana, e constatando la lotta alla sopravvivenza l'umanità vede lecito il genocidio della razza avversaria. Questo è il canovaccio, possono esserci varianti dove la razza aliena (che comunque la maggior parte delle volte ha un'aspetto umano, come se fosse l'unico aspetto lecito per una forma di vita intelligente) può essere anche una colonia terrestre ribelle o un popolo storico realmente esistente (in un racconto Matsumoto ci accenna alla guerra tra inca e spagnoli, dove gli spagnoli commettono un genocidio di indiani. L'unica a sopravvivere è la regina degli inca che viene stuprata da uno spagnolo. La stessa regina è felice di questa violenza, in quanto rimanendo incinta potrà generare un figlio che potrà darle vendetta). Questa lotta alla sopravvivenza dove l'autore ci mostra chiaramente l'esistenza di una razza buona e di una razza cattiva in quanto tale raggiunge quasi echi nazisti, anche se però dubito fossero i veri intenti dell'autore. Se ci aggiungiamo la psicologia delle donne che più volte ci viene mostrata, abbiamo anche echi ginofobi, ma qui temo fosse proprio negli intenti dell'autore.
Generalmente, nonostante alcune (poche...) situazioni e massime presenti nei racconti siano davvero interessanti, le varie storie sono molto surreali e dimenticabili, con varie ingenuità narrative e una stanchezza negli intrecci. Dubito seriamente riuscirò a ricordare le trame dei singoli fumetti e i messaggi che lasciano.
Parlando infine dei disegni, non ho nulla da dire. Caratteristica dello stile di Matsumoto è l'eccessiva stilizzazione delle figure maschili (che vengono rappresentanti o come alti e affascinanti, nonostante il loro evidente rachitismo, o come bassi e macrocefali) e femminili (che vengono mostrate tutte identiche, come ninfe eteree, con l'unica variante del colore dei capelli nero/biondo), che generalmente viene pesantemente criticata; io invece questo stile di disegno mi sono accorto di apprezzarlo. Se a tutto questo aggiungiamo una splendida rappresentazione dei mecha, i disegni sono più che promossi. Almeno quelli...

Vi lascio con la copertina italiana del volume:


Nessun commento:

Posta un commento

Disse Anton Ego...

"Ma la triste realtà a cui ci dobbiamo rassegnare è che nel grande disegno delle cose, anche l'opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale."